IL NOSTRO 25 APRILE


Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Queste sono le bellissime parole che Pietro Calamandrei pronunciò nel 1955 agli studenti di Milano. Frasi che andrebbero fatte ascoltare ancora oggi ai nostri ragazzi, perché restano sempre vere e vive. Noi tutti abbiamo un debito enorme verso quelle persone, per lo più giovani, che hanno sacrificato la loro vita per la libertà dell’Italia e degli italiani, per il riscatto di un popolo al quale era stato sottratto tutto, anche la dignità. Da quel fermento è nata la nostra Costituzione, e tutti i diritti e i doveri che ne conseguono. Dalla lotta antifascista sono nate le radici e il tessuto della nostra democrazia.
Sono passati 67 anni dalla liberazione, che celebriamo il 25 aprile, data simbolo di riscatto e unità. E ancora oggi, dopo tanto tempo, parliamo spesso di libertà e dignità. Lo facciamo quando difendiamo la nostra Costituzione; quando chiude un giornale; quando lottiamo contro la violenza e l’esclusione; quando difendiamo un posto di lavoro; quando pretendiamo di essere tutti uguali, come siamo. Lo facciamo perché la libertà, la dignità e l’unità sono principi nei quali crediamo, in virtù della nostra storia, della nostra comune eredità. Gli alleati a Bologna entrarono il 21 aprile del 1945, accolti dai partigiani e dai cittadini, ma per convenzione la data nazionale della Liberazione è il 25 aprile. Dobbiamo celebrare un anniversario così importante rispettando il suo profondo significato e attualizzando il suo messaggio. Troppo spesso i principi dai quali è nata la Costituzione sono stati messi in discussione, attaccati, minacciati. Per difenderli bisogna partire da lì. E lì andare con il pensiero, nei luoghi dove si è lottato per la nostra libertà e dignità.






...bologna si sfoglia...




...bologna si sfoglia
come appassendo un fiore
un altro petalo
sorvola altrove...

... tutti i passanti...


’Aladiyah



Aladiyah
aleph-lamed-daleth  

Il mio potere cresce nel dare
Dal 6 all’11 maggio

 
Tra i numerosi Angeli dell’Energia Yod, cioè dei medici e degli attori, questo Cherubino occupa un posto speciale. In primo luogo per l’abbondanza, per l’irruenza addirittura, con cui quella duplice energia si manifesta nei suoi protetti, quando accettano di usarla. Tra i medici, fu ’Aladiyah il più famoso professore del XX secolo: Sigmund Freud. Nello spettacolo, gli ’Aladiyah sono una fitta e luminosissima costellazione: Rodolfo Valentino, Gary Cooper, Fred Astaire, Fernandel, Orson Welles, Rossellini, Scola, Glenda Jackson… oltre a ipnotici e non meno famosi showman della scena politica, come Robespierre ed Eva Perón. Importantissima in questo Nome angelico è, evidentemente, la lettera daleth, il geroglifico della generosità: a garantire la loro ascesa è, infatti, proprio la capacità di donare, di donarsi, di aprire tutto di sé agli altri, sia che si tratti dei recessi della propria psiche, come fu per Freud e per Welles, sia del proprio cuore, come fu per Evita in Argentina, sia di quella profonda dolcezza che riempiva il temperamento di Valentino, Cooper, Astaire, Fernandel, e che da loro fluiva inesauribile nell’anima del pubblico. Darsi, e trovare in se stessi che cosa dare, è veramente il loro compito e il loro insegnamento: e anche, naturalmente, individuare gli ostacoli a tale generosità, e il modo di eliminarli. Quanto a individuare ostacoli negli altri, gli ’Aladiyah sono particolarmente bravi – ed è qui, soprattutto, che le loro doti terapeutiche e quelle teatrali mostrano la loro origine comune: come sappiamo, medici o attori, gli ’Aladiyah si sentono guidati a comprendere con straordinaria precisione le ragioni dei comportamenti altrui, e a risalire attraverso quelle alle cause dei conflitti e degli errori che, bloccando la vitalità, danneggiano la salute e lo spirito. Poi, curando o recitando, aiutano i loro pazienti o il loro pubblico a vedere indimenticabilmente quelle cause. Il che è già cominciare a guarire; un conflitto interiore, un blocco, quando ci viene mostrato cessa già di essere tale: si scorgono possibilità migliori e più grandi, al di là di esso, e ciò permette di liberarsene. Gli ’Aladiyah possiedono dalla nascita il segreto operativo di tale liberazione psicologica. La loro felicità è nell’accorgersene, adoperandolo per il loro prossimo.
Quando lo adoperano invece per se stessi, fanno più fatica. Curiosamente, ci mettono sempre molto tempo a capire che il loro ostacolo personale è uno solo, e semplicissimo: l’egoismo – l’accontentarsi cioè di quel che già si è, o di ciò che già si ha in un qualunque momento della vita, e il volerlo tenere per sé. Il loro impulso a crescere e a far crescere è come un fiume in piena: se lo si vuol fermare, provoca disastri. Guai, per esempio, a quegli ’Aladiyah che si innamorino dell’importanza che credono di aver conquistato: in breve tempo diventano sorprendentemente ottusi, cupi, insicuri; finiscono per cacciarsi loro stessi in inestricabili grovigli di conflitti ed errori; oppure si abbandonano a un senso di inutilità e di angoscia che li spingerà inevitabilmente allo spreco delle proprie ricchezze.
Per prevenire tutto ciò, va consigliato loro un modo di cautelarsi che per chiunque altro sarebbe paradossale: cercare, possibilmente come partner, una persona che ritengano molto superiore a se stessi e dedicarle il meglio di ciò che hanno o fanno, in totale adesione. In una parola, stabilire una dipendenza. Suona orribile, certo: ma nel loro caso è il sistema più semplice e sicuro per dare e fare di più, per mantenere attiva, insomma, la loro daleth, la generosità. E solo a tale condizione, anche nella vita pubblica il loro talento continuerà a farli splendere e salire.
Gli ’Aladiyah, d’altra parte, sanno bene di avere questa tendenza a dipendere da qualcuno: fin dall’adolescenza la loro intensa affettività li spinge a sognare il grande amore come la cosa più importante della vita, e nessuno è più bravo di loro nello sgomentare un amante con eccessi di premure e di tenerezze. Gli amanti mediocri fuggono: poco male! L’’Aladiyah affinerà il modo di selezionarli. Con il tempo, ancor più che un compagno, comincerà a cercare anche un superiore da ammirare e al quale, di nuovo, dedicarsi interamente, diventando un fedele e appassionato esecutore; poi magari vorrà un maestro spirituale a cui obbedire in tutto; fino a che non comincerà a scoprire (e ciò avviene solo agli ’Aladiyah più evoluti) quel magnifico Eroe che in realtà esiste dentro di lui, e di cui tutte le persone che aveva adorato fino ad allora erano soltanto la proiezione.
La riuscita degli ’Aladiyah – in ogni campo della loro esistenza – è commisurata appunto a questi diversi gradi di dipendenza e al livello delle persone da cui decidono di dipendere: è del tutto normale, cioè, che gli ’Aladiyah dicano «Quando stavo con il tale… » o «Quando credevo nel tal’altro…» per indicare le tappe della propria evoluzione interiore. Tanto più utile è che coltivino il più possibile il loro buon gusto, la loro cultura. Ciò che nell’ambiente in cui vivono è brutto o banale ha infatti il potere non soltanto di deprimerli, ma di influire pesantemente sulla scelta delle persone da idolatrare e del modo, anche, in cui idolatrarle: se, per esempio, la realtà circostante ha frustrato da troppo tempo la sua esigenza di bellezza esteriore e interiore, un ’Aladiyah può facilmente individuare, come suo ideale o guru, una persona di poco conto, e illudersi che sia splendida, e lasciarsene plagiare, nel generoso tentativo di adeguarsi al suo livello, pur di dare qualcosa di sé a qualcuno; oppure la banalità può intossicarlo a tal punto da fargli venerare semplicemente i personaggi alla moda, perdendosi così nel gruppo, nella massa, e finendo per dipendere soltanto da quest’ultima. Il peggio, in questi casi, è che l’intontimento, il conformismo e i cattivi modelli gli faranno perdere la voglia di essere se stesso, e di agire così come la sua Energia Yod esige da lui. E non verrà perdonato. Sappiamo che quell’Energia si vendica spietatamente quando non la si utilizza: comincerà con l’ipocondria e proseguirà producendo quelle stesse malattie del corpo o dell’anima che l’’Aladiyah, se l’avesse usata, avrebbe potuto guarire.





Wirikuta _ Messico

Salviamo Wirikuta Cuore Sacro del Messico  

AIUTA IL PICCOLO POPOLO HUICHOL

In Messico la loro cultura ed il loro territorio sono minacciati: il deserto sacro, di cui loro sono stati rispettosi custodi millenari sta sparendo anno dopo anno a causa delle multinazionali dei pomodori e le miniere d'argento rischiano d'inquinare tutto. Agendo insieme possiamo fare pressione sul governo messicano perché protegga Wirikuta patrimonio dell’umanità e i suoi custodi millenari.Ogni individuo, ogni associazione in ogni parte del mondo può fare la differenza: anche tu!

La comunità civile internazionale… siamo anche noi! 
Facciamo sentire la nostra voce!
PAGINA FB WIRIKUTA

PETIZIONE SALVIAMO WIRIKUTA

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